In Viaggio Con Stendhal – La storia dell’Ossobuco

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Lettori, lettrici ed amanti della cucina di Stendhal,
oggi vi accompagneremo in un viaggio alla scoperta della storia di uno dei piatti iconici della nostra città: l’Ossobuco alla milanese.

Essendo noi stessi un ristorante milanese e amando follemente, come voi, l’Ossobuco, abbiamo deciso di andare oltre la ricetta che ne porta in tavola il saporito carattere.

Nonostante ci siano pochi documenti a riguardo, le prime rimembranze dell’Ossobuco risalgono circa al Medioevo, epoca in cui i cuochi erano soliti cucinare la carne di vitello con osso e midollo inclusi.

La storia dell’Ossobuco alla milanese

La prima effettiva testimonianza della ricetta dell’ossobuco va ricercata a fine Ottocento.
Sebbene l’epoca sia già lontana, esercitiamo uno sforzo d’immaginazione e proviamo ad esplorare insieme la Milano di quei tempi.
Il fervore romantico, l’aria di patriottismo importato dalla Francia che aleggiava tra i nostri meneghini, l’orizzonte del nuovo secolo che iniziava a destarsi.

Nel paragrafo precedente abbiamo nominato la Francia, questo non per caso. 

Se nei cuori italiani i francesi avevano instillato la propria anima patriottica, allo stesso modo stava avvenendo in cucina. 

Per quanto l’Ossobuco sia una nostra creazione, questo piatto trova delle analogie con le tendenze culinarie francesi, tra le quali annoveriamo l’uso del burro e le ricette con osso e midollo.

All’interno di questo panorama di fervore, un cuoco dalla fama straordinaria, Giuseppe Sorbiatti, cita nel suo ricettario “Il Memoriale della Cuoca”, l’Ossobuco.
Siamo nel 1879 e i libri di cucina sono indirizzati alle cosiddette regiure, in milanese le figure femminili a capo della casa. 

Proprio in questa enciclopedia gastronomica, troviamo la ricetta tradizionale dell’Ossobuco, che tutt’oggi noi di Stendhal rispettiamo e seguiamo con passione e minuziosità.

Sfogliandone le pagine, ci si imbatte quindi nella famigerata pietanza, che veniva servita come portata domenicale dalle famiglie borghesi di Milano.
Lo chef Sorbiatti, ne “Il Memoriale della cuoca”, fa già riferimento alla gremolada, accompagnamento tipico dell’ossobuco, il cui nome riprende l’arcaico milanese gremolà, ovvero sminuzzare.
Ulteriore curiosità legata al ricettario di Giuseppe Sorbiatti è il nome attribuito al cucchiaino con cui si è soliti servire l’ossobuco, chiamato all’epoca “L’esattore”.

La cucina milanese trova i propri eroi

A questo punto della storia, si aggiunge alla narrazione un secondo protagonista, colui che farà entrare la ricetta dell’ossobuco milanese nella storia. 

Stiamo parlando di Pellegrino Artusi, chef di fama internazionale, conosciuto per aver servito non solo le più grandi famiglie lombarde, ma anche Napoleone III in persona.

Nel 1891, il noto gastronomo scrive “La Scienza e l’arte di mangiar bene”, quello che oggi potremmo definire antenato della guida Michelin, ma sulle ricette.
All’interno di questo compendio culinario, troviamo anche l’Ossobuco.

“Questo è un piatto che bisogna lasciarlo fare ai milanesi”, ci racconta lo stesso Artusi, che nella ricetta inserisce anche prezzemolo e limone, andando a completare l’opera iniziata da Sorbiatti.
La stessa che il nostro ristorante milanese serve a voi, quasi due secoli più tardi.